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La porta dell’infinito

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Il mio nome è Robinette Broadhead, indipendentemente dal fatto che sono un maschio. Il mio analista (che io chiamo Sigfrid von Shrink, anche se non è il suo nome: non ha un nome, dato che è una macchina) prova un grande spasso elettronico per questa faccenda:
– Bob, perché te la prendi se qualcuno crede che sia un nome da donna?
– Io non me la prendo.
– E allora perché continui a parlarne?
Mi irrita, quando continua a parlare delle cose di cui io continuo a parlare. Guardo il soffitto, con le composizioni mobili e le piñatas appese, e poi guardo fuori dalla finestra. In realtà non è una finestra. È un olopico mobile delle onde che si avventano su Kaena Point; la programmazione di Sigfrid è piuttosto eclettica. Dopo un po’, dico: – Non è colpa mia se i miei genitori mi hanno chiamato così. Ho provato a scriverlo r-ob-i-n-e-t, ma tutti lo pronunciano in modo sbagliato.
– Potresti cambiarlo, lo sai.
– Se lo cambiassi – replico (e sono sicuro di aver ragione, in questo), – tu mi diresti che sono ossessionato dall’idea di difendere le mie dicotomie interiori. leggi le prime 31 pagine del libro

Titolo originale: Gateway

Primi capitoli del libro di: 

Frederik Pohl, La porta dell’infinito, Fanucci Editore, Traduzione dall’inglese di Roberta Rambelli, gennaio 2014.