Schegge
Marc Lucas esitò. L’unico dito ancora illeso della sua mano fratturata indugiò a lungo sull’antiquato campanello in ottone prima di decidersi a premerlo.
Non sapeva più quale momento della giornata fosse. La paura delle ultime ore gli aveva rubato anche la percezione del tempo, che lì, in mezzo alla foresta, appariva senza alcun significato.
Il vento gelido di novembre e il nevischio erano diminuiti e brillava perfino un po’ di luna, che faceva capolino squarciando la coltre di nubi. Era l’unica fonte di luce in quella notte tanto ghiacciata quanto buia. Nulla lasciava presagire che la casetta in legno ricoperta d’edera fosse abitata. Anche quel comignolo sproporzionato in cima al tetto sembrava in disuso.
Marc non avvertiva nemmeno più quel tipico odore di legna bruciata che, poco dopo le undici, lo aveva svegliato nella casa del professore. Quando lo avevano portato da lui, lì nel mezzo della foresta, si sentiva già molto male. Male da morire. Eppure da allora le sue condizioni erano peggiorate ancora.
Primi capitoli del libro di:
Sebastian Fitzek, Schegge, traduzione di Claudia Crivellaro, Elliot Edizioni, maggio 2010
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